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Spaziando

L’Aned sulla tragedia di Lampedusa

Nessuna parola riesce ad essere ben spesa davanti ad un comunicato stampa capace di toccare tanto nel profondo delle viscere. Grazie all’A.N.E.D. Sesto San Giovanni-Monza.
Aboliamo l’infame reato di clandestinità, aboliamo la Bossi-Fini, chiudiamo i CIE, creiamo corridoi umanitari.

“La guerra, la paura e la fame spingono migliaia di persone a lasciare la propria terra, ad affrontare ingenti spese e rischi d’ ogni genere per raggiungere luoghi dove sperano di trovare una vita migliore. Ma troppo spesso le loro speranze affondano con la loro vita prima di raggiungere le nostre coste, perché vengono trasportati a centinaia su barconi fatiscenti da sfruttatori senza scrupoli i quali , per non essere arrestati, li abbandonano o, peggio, li scaraventano in mare lontano dalla riva.

Le tragiche immagini di questi sbarchi sono scorse davanti ai nostri occhi dal televisore in questi giorni, e chi ha avuto il coraggio di guadare veramente, ha visto la disperazione nella sua faccia più drammatica.
 
E a noi, figli e amici di deportati nei lager nazisti, a queste immagini se ne sovrappongono altre, diverse, ma ugualmente dolorose: vagoni merci, carichi di persone trattate come bestie, esseri senza valore che viaggiano verso la morte nei campi di sterminio. E una domanda ci tormenta: nessuno vedeva? Nessuno li fermava? Molti vedevano e voltavano la faccia per paura per indifferenza; altri guardavano e si tormentavano nel sentirsi impotenti a fermare quell’immane massacro.
 
Quelle immagini drammatiche dei vagoni treni che scorrono sui binari ci rimandano obbligatoriamente all’oggi: c’è chi vede e  si rassegna perché non può far nulla. Ma c’è chi vede e soffre e si indigna e grida: basta! E noi gridiamo: basta! L’Italia e l’Europa sono sommerse da una crisi da cui è difficile risalire. Ma la crisi peggiore è la crisi di umanità che impedisce di trovare insieme soluzioni politiche affinché queste tragedie non si ripetano. 
Noi, figli, parenti,amici di Deportati deceduti nei lager nazisti non possiamo accettare che continui questo scempio per cui facciamo appello a tutte le forze politiche nazionali e internazionali, affinché si adoperino con ogni mezzo per aiutare  chi fugge da una tragica realtà a realizzare il diritto di vivere una vita serena e dignitosa. Non è possibile accettare che l’immigrazione sia, nel nostro paese, esclusivamente clandestinità.
 
E al nostro appello uniamo quello dei sopravvissuti al lager di Mauthausen che, alla liberazione scrissero un Giuramento, in cui è detto:”Noi vogliamo, ora che abbiamo ottenuto la nostra libertà e quella delle nostre nazioni, custodire il ricordo della solidarietà internazionale esistente nel Lager e trarne la seguente lezione: seguire un  comune cammino, quello della comprensione reciproca, della collaborazione  alla grande opera dell’edificazione di un mondo nuovo, libero e giusto per tutti.
Dal lager si sprigionano sempre importanti richiami: chi non sa costruire sul dolore, le sofferenze e le consapevolezze che ne derivano, non può che essere condannato a riprodurne altre.”
 
IL DIRETTIVO ANED SESTO SAN GIOVANNI

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In vetrina Monza

Visita al carcere di Monza. Breve report.

Un breve report della [breve] visita alla Casa Circondariale di Monza avvenuta venerdì 12 Aprile, dalle 11.00 circa (in realtà è iniziata alle 11.30) alle 13.30 circa.
Innanzitutto l’amara e preliminare considerazione della perifericità geografica della casa circondariale. Chi volesse raggiungerla a piedi, come ho fatto io, addirittura è costretto a scegliere se fare l’ultimo pezzo di via Marconi prima di via San Quirico nel fango o nell’erba alta, in quanto pure il marciapiede misteriosamente sparisce per un tratto non indifferente. Scelte queste figlie di una logica igienista e negazionista, di cui anche la nuova casa circondariale di Monza è stata investita.
Ero stato preavvisato di lasciare il cellulare a casa dunque non lo ho dovuto lasciare al primo ingresso come gli altri colleghi. Il primo fatto degno di nota è proprio lì, quando io e Paolo Piffer, collega consigliere che per lavoro frequenta abitualmente la casa circondariale, aspettiamo per un quantitativo di tempo non indifferente che si apra la porta automatica davanti a noi: Paolo un poco sbuffando commenta “Metà del tempo la passi dietro le porte…”. Altra peculiarità simile della visita sarà che non troveremo un orologio funzionante: tutti fermi, tutti ad orari differenti. La direttrice a nostra domanda risponderà di non essersene mai accorta, che non sa il perché, è un caso, probabilmente non funzionano a pile.
La visita purtroppo ha riguardato solo i due edifici interni al carcere ma antistanti le sezioni vere e proprie, e la sezione femminile. La visita non ha proseguito in quella che realisticamente è la parte più problematica e degradata, ovvero le sezioni.
La visita è stata comunque significativa, in quanto sono diversi gli aspetti relativi alla vita e sopratutto alla possibile qualità di essa in carcere.
Particolarmente rilevante è stata la visione delle attività produttive all’interno del carcere, quale la falegnameria, la lavanderia e la legatoria (che non versa però in ottime acque veniva detto). Vi lavorano alcuni detenuti grazie ad alcune cooperative. Credo che sia sopratutto in questo ambito, quello del lavoro, che il Comune possa intervenire, attraverso commesse a tali cooperative e alla creazione di possibili borse lavoro.
Le difficoltà del carcere e le condizioni degradanti dei detenuti sono comunque venute alla luce, in particolare credo su due aspetti: il sovraffollamento che è stato evidente anche nella visione delle sole celle nel reparto di Osservazione, in cui i carcerati sono detenuti temporaneamente, e che può solo essere ancora peggio nelle sezioni vere e proprie, e l’evidente pessimo stato in cui versava la struttura del carcere, con tratti significativi di mura marce a causa di infiltrazioni d’acqua, negli spazi comuni di lavoro come nei corridoi e dunque, a logica, nel resto dell’edificio.
Quella che invece è un’eccellenza, di cui le dipendenti comunali per prime sono orgogliose, sono alcuni uffici comunali tenuti dentro al carcere, quale quello anagrafe, di cui possono usufruire i detenuti, unico caso in Italia.
Nel Consiglio Comunale di Lunedì 15 Aprile l’assessore Bertola ha comunicato due notizie importanti a latere della visita: l’istituzione, finalmente, del Garante dei diritti dei detenuti, e la riconvocazione da parte del Comune di Monza del Tic, tavolo interdistrettuale carcere.
In ultimo, allargando lo sguardo dal piano locale a quello nazionale, segnalo le tre proposte di legge proposte da Sel in parlamento per introdurre il reato di tortura, abolire il reato di clandestinità, abolire la ex Cirielli. Perché non ci si può indignare per le condizioni di vita nelle carceri se non si lotta prima per cancellare le leggi e le carcerazioni ingiuste.