Prendiamoci il futuro, senza precarietà!
Oggi l’Italia è il quart’ultimo paese dell’area OCSE per disoccupazione giovanile ed ha una quota di lavoro precario giovanile al 54.7% (contro il 19.8% della media G7 e il 24.6% della media OCSE). Neppure l’istruzione costituisce un ascensore sociale efficace: l’Italia rimane l’unico paese OCSE che accompagna la percentuale più bassa di laureati fra i paesi OCSE con un vantaggio economico comparato per i laureati (rispetto ai redditi dei non laureati) molto più basso della media (fonte: OCSE).
La politica italiana di fronte alla strutturalità e profondità di questa crisi ha fornito soluzioni esclusivamente individuali: «diventare imprenditori di sé stessi», guadagnarsi il successo tramite le proprie qualità: l’Italia è diventato così il paese con il più alto tasso di giovani autoimpiegati dell’UE, ma senza che questo comportasse un rilancio delle condizioni di vita giovanili, ma anzi un peggioramento.
La politica deve tornare a dare risposte universali in materia di welfare e di lavoro, con poche proposte mirate ed efficaci:
- Reddito minimo di dignità, su modello della proposta di Reddito di Dignità avanzata da Libera contro le Mafie, Basic Income Network, FIOM e altri, basata su alcuni principi: il reddito dev’essere individuale, sufficiente, congruo rispetto alle competenze al reddito e al lavoro precedente e riservato a tutti i residenti;
Il costo finanziario può essere ipotizzato fra i 15 ed i 24 miliardi di € (il costo combinato degli 80 € + gli sgravi alle imprese usati per drogare la leggera ripresa occupazionale del Jobs Act è di 29 miliardi di €): la copertura finanziaria potrà essere individuata da una conseguente forte razionalizzazione degli ammortizzatori sociali, da una tassazione maggiormente progressiva dei grandi patrimoni, dalla tassazione del gioco d’azzardo e dalla legalizzazione delle droghe leggere; - Contrasto e sanzione normativa per le imprese che delocalizzano: un’altra concausa alla disoccupazione elevata è la facilità con cui imprese e multinazionali possono oggi praticare il cosiddetto «dumping sociale» delocalizzando in paesi esteri e licenziando i dipendenti italiani, un fenomeno particolarmente grave in Brianza. Bisogna rendere queste pratiche economicamente svantaggiose, imponendo la restituzione dei contributi pubblici ricevuti e una sanzione pari ad una percentuale dei profitti ottenuti dall’azienda sul territorio nazionale negli ultimi anni di permanenza;
- Ripristinare l’art. 18 e cancellare le forme contrattuali precarie: il Jobs Act ha rappresentato un formidabile strumento di propaganda drogando le nuove assunzioni tramite gli sgravi fiscali alle imprese, ma rappresenta un ulteriore passo verso la precarizzazione del mondo del lavoro. Bisogna ripristinare l’articolo 18 allargandolo alle imprese con 5 o più dipendenti e ridurre al minimo le diverse forme contrattuali precarie;